Storie, racconti, fiabe e ... cibo!

Storie e fiabe hanno come ruolo principale quello di educare i giovanissimi. Attraverso di essi vengono infatti introdotti ai vari aspetti della vita, alla società, alle tipologie di persone ed ai vari aspetti della cultura umana; indubbiamente il cibo è uno di essi. In fiabe e racconti infatti esso assume valenze positive o negative, incarna le personalità dei personaggi se non, addirittura, le descrive ma anche (aspetto importante) assume un'importante valenza formativa.
In "Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie", romanzo fantastico scritto nella seconda metà del XIX secolo da Lewis Carroll è emblematico il momento del tè del cappellaio matto, situazione che risulta essere molto particolare: dai modi, alle stoviglie utilizzate per servire la bevanda e perfino ai dolcetti che l'accompagnano; tutti, sostanzialmente, emblemi non solo della particolarità del personaggio, ma anche dell'importanza di un rito alimentare e sociale come quello di una bevanda conosciuta e associata al Paese dello scrittore.



Fiabe, racconti e storie permettono soprattutto al "piccolo pubblico" di immedesimarsi nei diversi personaggi; attraverso questa caratteristica molto importante è possibile educare e ammonire. In "Hansel e Gretel", fiaba di matrice tedesca già conosciuta e tramandata oralmente e proposta poi dai fratelli Grimm cultori del XIX secolo delle tradizioni popolari, i protagonisti a causa della loro ingordigia finiscono tra gli artigli di una perfida ed affamata strega; un ammonimento molto utile alla spesso eccessiva golosità dei bambini ed alla loro poca prudenza.
Similmente a quanto appena esposto, anche l'eccessiva curiosità è per certi versi ammonita, anche in questi casi il cibo può essere assunto come esempio particolarmente efficace. A tal proposito credo che l'episodio di "Riccioli d'oro e i tre orsi", favola messa per iscritto dal poeta inglese Robert Southey e pubblicata nel 1837 all'interno di un altro volume, in cui la bambina entra nella casa dei tre orsi e si ciba della loro pappa, sia particolarmente calzante all'aspetto che ho appena esposto.



Ma fiabe e storie possono anche rivolgersi agli adulti, sembra paradossale ma proprio attraverso esse venivano spiegati fenomeni di carattere naturale, storico, sociale o, più semplicemente, quegli aspetti della vita che non si riusciva a comprendere. Spesso l'immaginazione incarnava nell'animo umano, anche in quello adulto, desideri ed aspettative difficilmente realizzabili (se non quasi impossibili), un esempio significativo di questo aspetto è il "Paese di Cuccagna", una terra magica dove tutto era commestibile, dai monti al terreno, dove scorrevano fiumi di vino e dove l'unica cosa che si poteva fare era mangiare fino a non poterne più. Un'immaginazione forte e assurda se ci pensiamo bene, se non fosse il risultato di generazioni di gente povera che difficilmente riusciva a portarsi in casa e nello stomaco qualcosa da mangiare e, al tempo stesso, era testimone dei fasti dei signori locali. Un dramma, quello della fame, che fu compagna fedele di uomini e donne per secoli e che riusciva ad essere placata solo nell'immaginazione; rappresentazioni artistiche e letterarie documentano, tra l'altro, questo aspetto insito nella società. Un esempio è Bengodi, contrada di Berlinzone, paese fantastico dove vi era cibo in abbondanza, un luogo immaginario certo, ma presente nella terza novella dell'ottava giornata del Decamerone di Boccaccio.
Racconti, storie, fiabe potevano anche descrivere la società in modo più o meno esplicito, il divario tra ricchi e poveri, una differenza che in rari casi poteva sembrare annullabile, ma che in realtà era assolutamente invalicabile. "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno" è un esempio di questo aspetto. L'opera è una raccolta di tre racconti molto conosciuti e che spesso ho citato nei miei articoli, i primi due scritti da Giulio Cesare Croce e l'ultimo da Adriano Banchieri e pubblicata la prima volta nel 1620. La storia narra le avventure di Bertoldo, contadino umile e povero che, grazie alla sua astuzia, riesce a conquistare le grazie del re e a vivere a corte. Nutrirsi però dei sofisticati e costosi cibi dei ricchi lo conduce alla tomba perché, come narra l'epitaffio sulla sua tomba:

"(...) morì con aspri duoli per non poter mangiar rape e fagiuoli."

Un esempio chiaro e significativo insomma della voragine esistente, anche e soprattutto in campo alimentare, tra ricchi e poveri; un conflitto ideologico, sociale, culturale e (si pensava allora) anche fisiologico che non lasciava spazio ad eccezioni.
Ma fiabe e racconti, come del resto ho già accennato, erano utili anche per spiegare i meccanismi che regolavano la vita e la ciclicità delle stagioni; un esempio su tutti sono i racconti antichissimi conosciuti da molte culture che narrano la morte del seme che viene accolto nel grembo della madre terra che, attraverso un prodigio, lo rigenera donandogli successivamente nuova vita e rendendolo più vigoroso di prima. Miti e leggende che si intrecciano con la narrazione iniziale di storie e racconti e che ebbero la funzione di spiegare quei meccanismi che regolavano i processi naturali e, in un certo senso, fornire anche spiegazione e speranza alla morte di un membro della famiglia o della comunità.



Ma fiabe e racconti possono anche essere i testimoni od i promotori di un riscatto sociale, non solo per certi versi quella già narrata di Bertoldo, che potremmo definire una "narrazione per adulti", ma anche "Le Petit Poucet", ovvero "Pollicino", fiaba molto conosciuta dello scrittore francese Charles Perrault, che originariamente fu pubblicata nel 1697 all'interno de' "I racconti di mamma l'oca". In questo caso il protagonista, appartenente al ceto povero con diverse peripezie riuscì ad ottenere grandi quantità di denaro che gli consentirono di mantenere la famiglia. Una fiaba quest'ultima che contiene molti aspetti legati alla società ed al vivere dei secoli scorsi tra cui la condizione dei ceti bassi, l'incapacità di molte famiglie di far fronte al sostentamento della prole e, non da ultimo, una società cruenta che, nell'immagine dell'orco cattivo, non si fa scrupoli a dilaniare le più piccole ed indifese creature.
Gli esempi da portare poi potrebbero essere molti altri; come ho voluto brevemente dimostrare il cibo è presente in fiabe e racconti e costituisce un mezzo indispensabile per veicolare messaggi, spiegare accadimenti e, non da ultimo, istruire ed ammaestrare i più piccoli. Una letteratura non meno importante sia perché attraverso di essa si fonda l'educazione culturale e ideologica delle generazioni future che, in termini culturali, uno spaccato del grande mondo della letteratura che in diversi modi unisce i popoli.
Infine ho voluto utilizzare tre immagini di illustrazioni dell'artista Anne Anderson, illustratrice scozzese conosciuta per le sue opere in stile Liberty destinate ai libri per l'infanzia ma, più in generale, come artista piena di sensibilità che, attraverso le sue creazioni fa vivere mondi e sentimenti ancora oggi che sono apparentemente sopiti o, addirittura, dimenticati.

Commenti

Post più popolari