Cibo e pellegrini lungo i secoli.

Il pellegrinaggio è stato per secoli un aspetto importante non solo per la fede, ma anche per l'economia, la cultura e la cucina. Negli ultimi anni si sta assistendo ad una sua rinascita e, contemporaneamente a ciò, nascono e si sviluppano numerose tipologie di strutture ricettive sui luoghi di pellegrinaggio.
In passato questa pratica assumeva un ruolo molto importante per la vita del credente e ancor più per il suo destino dopo la morte, per questo motivo infatti molte persone erano spinte a intraprendere viaggi molto lunghi per raggiungere le mete più ambite. Il tempo, la fame, la malattia e le numerose forme di brigantaggio avevano un ruolo determinante nell'esito finale di questa pratica molto diffusa.
Proprio per questi motivi sorse la necessità fin dai primi secoli del Medioevo di disporre di punti di accoglienza ed assistenza. Sigerico di Canterbury (X secolo d. C.), alto prelato ed arcivescovo di Canterbury, nella sua opera "Memoria" elencò i luoghi di sosta ed altri aspetti dell'itinerario del pellegrinaggio da Roma alla sua sede vescovile.

(Pellegrini che mangiano, illustrazione Alto Medievale)

L'opera è sostanzialmente un lungo elenco di tutte le realtà disseminate lungo il percorso ed in cui il pellegrino poteva fermarsi ed usufruire di vari servizi. La presenza dei luoghi di sosta e di ristoro era consistente anche nei trattati che parlavano delle mete di pellegrinaggio, essi avevano la funzione di informare e consigliare il pellegrino prima e durante il suo percorso.
A fianco alle motivazioni di carattere religioso si aggiunsero altre tipologie, di carattere puramente materiale, che esulavano dalle questioni di fede. Queste ultime si diffusero in particolar modo negli scritti dei pellegrini già a partire dal XII secolo. A tal proposito è utile conoscere le due fonti più conosciute sugli itinerari della Via Francigena: il primo è l'opera dell'abate islandese Nikulas di Munkathvera (1151 - 1154); il secondo è l'itinerario del re di Francia Filippo Augusto di ritorno dalla terza Crociata (1191). Due esempi in cui gli aspetti religiosi erano assolutamente dominanti, tuttavia in queste due opere sono presenti anche particolari legati al viaggio di tipo naturalistico, ambientale e gastronomico.Parlando di strutture ricettive e di pellegrinaggi occorre anche precisare che sorgevano due realtà: strutture e realtà a pagamento; spedali ed enti assistenziali che offrivano gratuitamente le cure fondamentali per l'assistenza ai pellegrini. Nell'ultimo caso quando l'unico servizio offerto non era solo la disponibilità di trovare rifugio per la notte l'alimentazione offerta poteva essere di due tipi: "Panis et aqua et coquina" e "Panis, tres calici vini et pulmentaria". Il termine "pulmentaria" era una parola molto generica che stava ad indicare una categoria ampia di prodotti che fungevano da companatico e che compare, per esempio, anche nella Regola di San Benedetto; nel caso dei pellegrini il companatico maggiormente offerto era costituito da verdure. Occorre inoltre precisare che, soprattutto per le realtà assistenziali gratuite, poiché non tutte fornivano vivande soddisfacenti dal punto di vista organolettico, molti documenti affermano che i gruppi di pellegrini spesso si organizzavano per portarsi il cibo da casa per il tragitto.
La distinzione fatta poco fa è molto importante perché spiega come col passare del tempo le strutture ricettive a pagamento divennero professionali e crebbero di numero.
Alcune parti presenti nel Codex Calixtinus, codice per il culto di San Giacomo Maggiore, e più precisamente il sermone "Veneranda dies", si scagliavano contro gli atti riprorevoli di alcuni albergatori, ovvero frodi e truffe e il grande peccato di avidità poiché erano sempre più frequenti i danni arrecati ai viandanti.
A volte, bisogna dirlo, il pellegrinaggio collocava le motivazioni religiose solo in secondo piano, soprattutto a partite dal XVI secolo, anteponendole con quelle del desiderio di conoscere nuove terre e luoghi.

(Pellegrini del Giubileo del 1300, dal "Cronica" di Sercambi, Biblioteca
dell'Archivio di Stato di Lucca)

Dal XVII secolo ma ancor più a partire dal XVIII secolo venne sempre meno l'aspetto sacrale legato ai pellegrinaggi, soprattutto perché i grandi spostamenti erano riservati ai giovani dei ceti elevati che effettuavano, in particolare in Italia, il Grand Tour, come del resto testimoniano in vario modo racconti di viaggio ma anche rappresentazioni artistiche. Questo aspetto ebbe inevitabili conseguenze anche negli spostamenti a scopo religioso: le testimonianze di tali pratiche, anche da parte dei religiosi, vennero unite alle descrizioni delle attività economiche dei vari territori percorsi, delle presenze artistiche e naturalistiche, aspetti quindi che esulano dagli intenti religiosi e che negli scritti convivono ed anzi, si integrano con essi. E' proprio in questa matrice che si innesta sempre più la cultura del gusto, con la descrizione delle preparazioni tipiche e dei prodotti incontrati nei territori attraversati. Per esempio diversi documenti ci mettono a conoscenza che la minestra di legumi, ortaggi e pane raffermo offerta gratuitamente dai monaci a dai locandieri ai vari pellegrini in Spagna veniva chiamata caldo gallego.
Si può affermare quindi che vi fosse in tutti i Paesi la presenza di cibi di matrice povera (ortaggi, pane raffermo, sangue di maiale. baccalà, sono solo alcuni esempi) che entravano a far parte dei circuiti delle realtà d'accoglienza dei pellegrini. Tuttavia in Spagna, per esempio, il locandiere era tenuto ad avere in dispensa un cesto di prodotti freschi e pregiati che erano destinati a possibili ospiti appartenenti ai ceti elevati. Questa curiosa pratica è testimoniata nel "Libro del buon amore" (inizio del XIV secolo) scritto dal poeta Juan Ruiz, arciprete di Hita.
Per concludere questa riflessione vorrei inserire altri due riferimenti importanti di tipo letterario: prima di tutto il ruolo e l'ambiente delle osterie presenti sugli itinerari di pellegrinaggio è ben descritto nei Racconti di Canterbury che, oltre ad analizzare meticolosamente le caratteristiche sociali e culturali dei diversi strati sociali, forniscono un documento vivo su queste realtà; da ultimo è utile ricordare anche le descrizioni delle osterie incontrate da Don Chisciotte lungo il suo viaggio (chiaramente di natura non religiosa) e i piatti che vi servivano.
Tradizioni culturali e gastronomiche che si uniscono a cibo e fede generando interessantissime commistioni, soprattutto quando si parla dei pellegrinaggi e della loro presenza ed evoluzione nella storia umana e del territorio.

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