L'oro del Mediterraneo: l'olio d'oliva dal Medioevo al Rinascimento.

Contrariamente alla sua diffusione durante le civiltà greca e romana come è stato visto nel precedente articolo, nei secoli del Medioevo ma anche durante il Rinascimento, l'olio d'oliva conobbe diffusione e crescita non uniformi sia per quanto riguarda l'aspetto geografico che per l'utilizzo.
Nonostante ciò, ci sono pochi dubbi nell'affermare che la coltivazione dell'olivo sia stata particolarmente diffusa in ambito ecclesiastico e signorile nei secoli anteriori al Mille. E' proprio in queste realtà che la sua coltivazione e la lavorazione delle olive trovarono dei veri e propri canali di consolidamento.
La diffusione dell'olio, soprattutto al nord, fu relegata a due scopi principali: l'uso liturgico e per l'illuminazione. Se volessimo invece parlare dell'aspetto alimentare dovremmo fare una considerazione importante: esso veniva utilizzato come sostituto dei grassi animali solo nei periodi in cui, per  motivazioni religiose, era proibito il consumo di alimenti di origine animale(i cosiddetti periodi di magro). Questo discorso è soggetto a variazioni se si considera che il consumo di olio dell'Italia Centro-Meridionale fu, fin dai primi secoli del Medioevo, superiore rispetto a quello del Settentrione. Tuttavia l'aspetto religioso connesso al suo utilizzo fu un fattore importante durante i secoli centrali del Medioevo nel determinare un varco culturale grazie al quale l'olio, nei secoli successivi, divenne un alimento vero e proprio.
Anche il livello sociale fu un discriminante importante: esso, soprattutto al Nord, era consumato prevalentemente da ceti elevati; ciò non toglie tuttavia che in zone in cui la produzione era particolarmente abbondante lo usassero anche i poveri, ovviamente con modalità e frequenza assai diverse.

(la raccolta delle olive)

A tal proposito, ebbero un ruolo importante nel suo utilizzo anche i trattati dietetici che assegnavano ad ogni grasso una destinazione specifica: se l'olio era indicato per le insalate, i grassi come lo strutto lo erano per preparazioni a base di carne. E' chiaro, ed è già stato precisato, come per l'Italia il discorso debba essere diviso in tre modelli distinti: Nord, Centro, Sud. In virtù di ciò, l'espansione della pratica olivicola nei secoli dopo il Mille rimase prerogativa del Mezzogiorno. Qui si andarono delineando destinazioni precise di terreni per la coltivazione dell'olivo; in terreni come quello pugliese, dopo il XII secolo, gli appezzamenti a specializzazione olivicola si fecero significativi. Contemporaneamente a ciò, si assistette in zone diverse alla nascita e diffusione di muretti in pietra detti di "clausura" o "clausum", tipici in molte aree del Sud, aventi come scopo quello di proteggere le coltivazioni da animali e malintenzionati. Tali strutture svolgevano la propria funzione, soprattutto inizialmente, su un tipo di coltivazione promiscua, ovvero caratterizzata dalla presenza di olivi e altre piante; solo successivamente si assistette a strutture in muratura destinate a proteggere unicamente gli ulivi.
Nelle zone in cui l'olivicoltura aveva un ruolo importante per l'economia del territorio le date di inizio della raccolta potevano essere stabilite dalle autorità, come avveniva per la vendemmia.
Nonostante siano numerose le fonti che parlano dell'olio d'oliva e dei suoi numerosi impieghi, non si può dire lo stesso per le fasi di lavorazione. Un valido esempio viene dalla raccolta. Le poche informazioni pervenuteci documentano come essa avvenisse in Puglia, attraverso cioè l'uso della bacchiatura "baptere arvores". Tale operazione era agevolata da un panno, "recama", che veniva steso sotto l'albero e serviva a raccogliere le olive.
I progressi del trasporto del XIV e XV diedero un forte impulso al commercio dell'olio a lunghe distanze, determinando così la formazione di una rete di commercio che coinvolse anche altri territori nel Mediterraneo ed anche a distanze ben più forti.
L'utilizzo dell'olio si estese anche ad altri settori, del tutto diversi da quello alimentare. Il caso più noto è quello tessile. L'industria della lana lo utilizzava sia nella preparazione di saponi sia nelle numerose e complesse operazioni che precedevano la tessitura. La lana infatti, dopo che era stata battuta per far aprire bene le fibre, una volta distesa su graticci, veniva inzuppata di acqua e poi cosparsa di olio e quindi riunita in grandi matasse che venivano consegnate ai "pettinatori". L'olio conferiva alla lana la necessaria compattezza per resistere alla successiva lavorazione.
Altro settore in cui il nostro protagonista veniva utilizzato era quello medico, nella preparazione di pomate e medicamenti. Fino al Rinascimento era usato per le infezioni ginecologiche e, nei monasteri, il monaco deputato alla preparazione di medicinali e medicamenti (monacus infirmorum), preparava una mistura a base di olio, vino e bianco d'uovo, chiamato "balsamo del Samaritano" che, fino agli inizi del secolo scorso, rimase in alcune zone d'Italia un rimedio popolare per scottature e gonfiori.
La storia degli attrezzi per la coltura dell'olivo ma anche per la conservazione dell'olio sarebbe troppo lunga per essere descritta in questo articolo Merita quindi di un successivo approfondimento.
In ambito alimentare solo nei secoli successivi si assistette ad una mutazione dei gusti alimentari che determinarono un progressivo incremento nel consumo e nel suo utilizzo. Tutto ciò sarà oggetto della successiva analisi.

(la lavorazione delle olive; stampa)

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