I diamanti della terra: favolosi tartufi!

Come è già stato visto per tanti altri prodotti della terra, il tartufo sembra sia conosciuto da un'età remotissima, questo però non lo si può affermare con certezza perché non sono state trovate prove valide che gli storici dell'antichità nei loro trattati e scritti parlassero realmente di questo o un particolare fungo ipogeo; di conseguenza è solo  un'ipotesi la  sua presenza nella dieta dei Sumeri ed Ebrei intorno al 1700-1600 a.C. . I papiri in Egitto, tuttavia, documentano con certezza che anche Cheope (circa 2600 a.C.) era ghiotto di questo prodotto che amava  consumarlo ricoperto di grasso d'oca e cotto.
Il nostro protagonista non ebbe nel corso della storia solo una funzione alimentare: Platone, filosofo greco, né "Il Simposio" affermava che i tartufi cotti sotto la cenere erano molto efficaci per il successo degli incontri amorosi, credenza confermata anche da Galeno. Questa convinzione permase anche nel mondo romano, che lo dedicò a Venere, dea dell'amore.
Dal I secolo d. C., grazie al filosofo greco Plutarco di Cheronea, si tramandò la credenza che questa primizia nascesse dall'azione combinata di acqua, calore e fulmini. Da ciò trassero ispirazione molti scrittori e poeti: Giovenale spiegò la sua origine come il frutto di un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia.
Molti studiosi sostengono che i tartufi che si consumavano nell'antica Roma fossero di pessima qualità; nonostante ciò i prezzi erano elevatissimi. Nella sua V Satira, Giovenale parla proprio di una contrapposizione tra una tavola povera e una ricca, spiegando che sulla i tartufi erano immancabili.
Apicio nel "De re Coquinaria" (VII libro) descrive addirittura sette ricette per cucinarlo al meglio. Nonostante tutta questa fama e attenzione i tartufi bianchi non venivano considerati e rimanevano cibo per cinghiali o maiali oppure per la gente povera che non poteva permettersi gli altri.
L'interesse nei confronti di questi profumatissimi doni della terra calò durante il Medioevo a causa della diffusa convinzione che, essendo un "frutto ipogeo" e scuro, fossero diabolici e peccaminosi.



Bisogna però precisare che non per tutte le classi sociali questo era vero: per quelle elevate rimaneva comunque un qualcosa di ambito e prelibato. A tal proposito dalle cronache del tempo, Sant'Agostino, ringraziò più volte pubblicamente Felice, vescovo di Treviri, per la squisitezza che gli aveva mandato.
La loro fama di validi afrodisiaci valicò gli spazi culturali e secolari: Lucrezia Borgia, dopo averli assaggiati ad Acqualagna durante il suo viaggio verso Roma (il 1502), li consumava frequentemente prima degli incontri con i vari amanti. Inoltre narrano le cronache che quando Caterina de' Medici si trasferì in Francia per sposare Enrico II portò con sé:
"maestri di cucina e di pasticceria, particolarmente bravi anche nel preparare ricette con i tartufi".
Esso venne considerato una vera e propria primizia anche i secoli successivi nonostante il permanere della convinzione che fosse simbolo del peccato.
Il conte Camillo Benso di Cavour lo utilizzò nelle sue attività politiche come mezzo diplomatico, Gioacchino Rossini lo definì "il Mozart dei funghi", lord Byron lo teneva sulla sua scrivania affinché il suo profumo gli destasse la creatività e Alexandre Dumas lo definì il sancta sanctorum della tavola.
Per quanto riguarda l'ambito artistico, esso fu molto presente nelle nature morte e nei quadri raffiguranti le cucine d'alto livello.
Nel 1929 Giacomo Morra, guru dei tartufi, fece il primo tentativo di pubblicizzarlo all'interno della già consolidata fiera d'Alba, con un'esposizione dei migliori tartufi raccolti, ottenendo un successo così grande da diventare poi negli anni successivi, un punto fisso delle feste vendemmiali.
Il pubblico gradì così tanto questa iniziativa che nel 1930 il giornale "The Observer" si occupò, con un esteso articolo, della fiera d'Alba.
La sua fama nei decenni successivi aumentò sempre più, divenendo così una costante nelle proposte dei ristoranti di alto livello e presso i veri intenditori.

(cercando tartufi, Mara Pia Mascaretti)

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