Il vino nella storia, parte II : il mondo greco.

La storia del vino ha un forte sviluppo con le Civiltà greca e romana.
In epoca micenea (cioè durante l'età del bronzo della Grecia Continentale), il vino era già ampiamente diffuso non solo nei culti ma faceva parte della triade dei cibi base  che costituivano l'alimentazione dei popoli greci. Con l'avanzare della potenza dei micenei (XV secolo a.C.), la viticoltura fu adottata anche in Grecia dove si impose come coltivazione assieme al farro e alle olive: è da questo punto che Essa diede un contributo importante nel mondo della vite e del vino. Non solo, con la predisposizione di questo popolo alla navigazione, vennero esportate molte varietà anche nei territori colonizzati. In Magna Grecia dall'VIII secolo a.C., vennero portate due principali classi di varietà: aminee che furono introdotte dai greci aminei, e le apianee così chiamate perché attiravano api e mosche; da questo nome deriverà successivamente il termine "moscato" utilizzato ancora oggi. Delle prime ricordo: Aglianico, Falerna, Greco, Fiano, Falanghina, Riesling Renano, Chasselas, Meunier ...; delle seconde invece: le famiglie dei moscati e le Malvasie.
Essi diffusero però anche varietà derivanti dalle influenze di altre culture o civiltà, come i vitigni importati dal mondo egizio.
Furono  anche fattori di ordine sociale e demografico a causare una forte crescita del mondo del vino: il progressivo aumento della popolazione urbana determinò il conseguente sviluppo e crescita della richiesta di vino e, ovviamente, della coltivazione dell'uva; questo diede la possibilità agli agricoltori di guadagnare dalla produzione e dall'importazione di vino nelle città.
A differenza di ciò che avvenne nelle altre civiltà, la novità apportata dal mondo greco consistette in una diffusione (e accessibilità) a questa bevanda da parte di tutta la popolazione. Ciò non significa però che tutto il vino fosse di ottima qualità o che tutti potessero accedere al meglio: gran parte dei poveri in città beveva un vino ottenuto con l'aggiunta di acqua alle bucce e vinaccioli dopo l'ultima pigiatura (questo vino lo ritroveremo anche nelle taverne e nelle case povere durante il Medioevo e oltre!). Nelle aree rurali esso era prodotto e consumato dalla maggior parte dei contadini e costituì un sistema agricolo che si diffuse inevitabilmente in tutto il Mediterraneo.
 Uno dei vini greci più conosciuti era il Pramno  (citato anche da Omero nell'Iliade): esso era un vino dolce che secondo il "De materia medica" di Dioscoride doveva essere ricavato dall'uva secca.


Come tutti sanno, il vino dell'antichità non veniva mai consumato puro ma diluito con acqua e aromatizzato con miele, erbe e spezie. L'arte del taglio del vino con l'acqua era per i Greci un indice importante del livello di civilizzazione. L'aggiunta di tanti ingredienti era dovuta anche al cattivo sapore che esso poteva avere, le alterazioni del gusto e del colore erano molto frequenti a causa delle condizioni di conservazione e commercializzazione e del tipo di materiale in cui esso veniva contenuto; la terracotta infatti ne diminuiva considerevolmente la conservabilità. Questa problematica fece si che ben presto molti produttori utilizzassero additivi di origine naturale con l' obbiettivo di stabilizzare il prodotto; si faceva addirittura cuocere il succo d'uva dopo la fermentazione, spesso più volte, per impedire che si rovinasse.
Tutto ciò ci fa capire come la viticoltura e le tecniche vinicole fossero saldamente radicate nel tessuto sociale e culturale greco. A tal proposito bisogna considerare che quando dall'VIII secolo comparsero  le prime testimonianze di agricoltura, il vino e la viticoltura erano già presenti.

 

Con la diffusione di questa bevanda nacquero anche, come logica conseguenza, una serie di anfore e contenitori di forma diversa ma anche di calici e di brocche per poter degustare il vino. Il più famoso era rhyton, una specie di corno potorio per lo più in metallo, spesso in argento dorato o pietra dura.
Questo vaso si evolse in un bizzarro bicchiere da meditazione: il fondo del recipiente risultava forato e, mediante questa caratteristica, il convitato poteva degustare il liquido tranquillamente. Oltre a questo, a partire dal VI secolo a.C., il recipiente più conosciuto in gran parte d'Italia e della Grecia fu kylix, coppa o piatto più ampia che profonda.
Fu grazie a Teofrasto (370 a.C. circa - 258 a.C.) che nacque il primo trattato di viticoltura.
Dal punto di vista economico con la fine del V secolo a.C., il commercio del vino divenne una professione vera e propria, non solo, nello stesso periodo iscrizioni e tavole documentano veri e propri interventi legislativi per proteggere i consumatori dagli abusi dei produttori, ad esempio: il vino conservato in giare a collo largo, noto come pithoi, poteva essere venduto solo se queste erano sigillate; non si potevano vendere piccole quantità di vino attingendolo da grandi contenitori  ed era proibito mescolarlo con acqua prima della vendita; era vietato anche fare transazioni relative alle vendemmie successive, e chiunque comprasse succo d'uva o vino quando i frutti erano ancora sulla vite era passibile di multa.
In quest'ultima parte voglio parlare brevemente della presenza del vino nei banchetti. Platone e Senofonte descrivono come essi avvenivano e tutte le pratiche di mescita e servizio del vino. Inizialmente era infatti l'ospite o il presidente del simposio a decidere quando l'acqua andava aggiunta al vino puro. Successivamente questo compito divenne caratteristico di una figura importante dei banchetti nell'antica Grecia: il symposiarca, che decideva anche il numero massimo di coppe che gli invitati potevano sorseggiare.
Ho parlato dei tentativi di disciplinare la produzione e il commercio del vino e di proteggere al tempo stesso il consumatore, sarà la civiltà romana che amplierà tutto ciò e stabilirà nuove norme sul consumo e la vendita, ma questo sarà oggetto di una successiva analisi.








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